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MONICA BENEDETTI

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Monte d'Accoddi: La Ziqqurath Italiana.

2023-02-06 07:00

Monica Benedetti

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Monte d'Accoddi: La Ziqqurath Italiana.

La Ziqqurath di Monte d'Accoddi - Sardegna. Testimone di un'epoca lontana, in cui l'essere umano era unito da un unico comune denominatore: il tempo degli Dei.

Posso solo avidamente immaginare lo stupore di Ercole Contu, l'archeologo che negli anni sessanta del secolo scorso si mise a scavare una collinetta nei pressi di Sassari e si trovò dinanzi ad una costruzione apparentemente incongruente con gli altri resti archeologici sardi. Non era un grande nuraghe ma una ziqqurat, il ricalco di quelle piramidi a gradoni che siamo abituati a vedere nell'odierno Iraq.

 

Cosa ci faceva un tale colosso in Sardegna? Chi lo ha costruito e perchè?

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La sua realizzazione è avvenuta in tempi diversi, a partire dal 4000 a.C. E fino al 2800 a.C. Si compone di una lunga rampa di accesso che termina, attraverso una gradinata, in una piattaforma a forma di piramide tronca delle dimensioni di 27 m X 27 per 5,5 m di altezza.

 

Sulla piattaforma fu realizzata una struttura rettangolare, di cui rimane la pavimentazione e parte della muratura, denominata “tempio rosso” dal colore ocra rilevato sui resti delle murature.

 

Questa struttura, più antica, venne poi ricoperta, attorno al 2800 a.C., da terra e pietra calcarea polverizzata e su di essa venne realizzata una seconda piattaforma tronco conica delle dimensioni di 36 m X 29 X 10 m circa di altezza. A questa struttura si accede tramite una seconda rampa, lunga circa 42 m, costruita sopra la prima.

 

A corredo del monumento sono stati scoperti altri manufatti: nel lato est della rampa e a pochi metri da essa è presente una lastra di pietra piatta, dal peso di circa 8 tonnellate, sostenuta da quattro pietre a formare una sorta di dolmen. La lastra misura circa 3 m X 3 ed è forata in sette punti ai bordi.

 

L'ipotesi è che si sia trattato di un altare in cui la vittima veniva legata prima di essere oggetto di sacrificio.

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Nel lato opposto alla rampa insiste un menhir in pietra calcarea alto circa 4,5 m e del peso di circa 6 tonnellate.

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Un altro particolare manufatto si trova ad est della rampa, nei pressi della “lastra dei sacrifici”. E' una sorta di grande uovo di pietra del diametro di circa 5 m e del peso di oltre una tonnellata.

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Gli studi archeologici hanno motivato la costruzione come altare preistorico, unico nel genere, in tutto il Mediterraneo.

Questa spiegazione deriva dal fatto che ai piedi del manufatto sono stati trovati numerosi resti di animali ed oggetti adatti allo scopo ed è stata riesumata anche una statuetta stilizzata riproducente la Dea Madre, nonché una pietra su cui pare incisa la stessa figura.

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Attorno al monumento, per un raggio di circa due kilometri, sono stati scoperti (e gli scavi sono tuttora attivi) diversi resti di capanne, altri monoliti, stele funerarie, ecc... tali da far pensare che il luogo fosse molto conosciuto e frequentato.

 

A tutt'oggi è l'unica costruzione che ricorda una ziqqurat mesopotamica, rilevata nell'isola ma, a mio modesto parere, questa terra potrebbe nascondere, ancora, molte sorprese.

 

Sta di fatto che Monte d'Accoddi testimonia una antica rispondenza tra le popolazioni del medio oriente e l'isola. Come sostiene Lilliu, accademico dei Lincei ad esempio che parla di “facies anatolica” supponendo una provenienza dalla Mesopotamia settentrionale. Anche il professor Garbini in “I Filistei” scrive “Uno dei gruppi che formavano la tribù di Zabulon aveva per eponimo un certo Sared, […] un nome che, come avviene spesso nell’Antico Testamento, è secondario rispetto all’etnico, che in questo caso è sardi, cioè “sardo”. (Genesi 46,14 e Numeri 26,26)”.

 

Sempre il professor Garbini, da queste osservazioni, deduce che “Da un punto di vista linguistico questa forma ebraica è molto interessante perché, affiancandosi al latino sardus conferma la natura di suffisso della –n finale che compare in altre forme come Shardana, Sardinia, SHRDN (quest’ultima attestata in un antica iscrizione fenicia trovata a Nora in Sardegna).”

 

Se teniamo conto anche dei numerosi toponimi presenti nell'isola, rimasti inalterati nel corso del tempo, il connubio tra le due civiltà, quella mesopotamica e quella sarda (probabilmente proprio di derivazione dalla prima), risulta ancora più cementato. Il ricercatore Raffaele Sardella sostiene infatti, nel testo “il sistema linguistico della civiltà nuragica” che è possiible riscontrare in numerosi toponimi sardi, tracce di derivazione dalla lingua sumero accadica.

 

Ne sono un esempio, a parte lo stesso Monte d'Accoddi che sempre il prof. Garbini fa risalire ad un agglomerato umano nell'attuale Palestina di nome Akko, altri toponimi a radice Sin, ad esempio (Sinnai, Siniscola, Sindia...) oppure Shamash (Samassi, Samatzai).

 

Forse un ricordo di antiche divinità legate al culto della luna e del sole e, forse, quello che avveniva a Monte d'Accoddi è un fenomeno parallelo alle processioni di Ur, nel nono giorno dall’inizio del nuovo anno, in cui veniva officiato il rito che svelava i misteri della creazione del genere umano.

Esso era preceduto da una processione che congiungeva la ziggurat con il tempio sacro ad Ishtar, la dea più importante della città, altrove conosciuta come Inanna o Astarte e rappresentante quella divinità matriarcale che conosciamo in tutto il mondo antico come uno degli epiteti della Dea Madre.

 

Di questo parere è anche il professor Lilliu che così scrive in “La società in Sardegna nei secoli -
Prima dei nuraghi”
:


“[...] Il tipo di tempio conosciuto - lo ziqqurath di Monte d'Accoddi presso Sassari - è basato sulla

concezione vegetativa-uranica dell'albero della vita, un simbolico altissimo albero che avrebbe unito terra e cielo. Sull'alto dello ziqqurath il dio Sole sarebbe sceso a giacersi con la Grande Sacerdotessa, immagine terrena della Dea Madre, o dea della fertilità agraria e umana. Documenti e simboli di queste divinità sembrerebbero una grossa pietra sferica (paragonabile all'omphalos del culto apollineo), e due menhirs di diverso colore: bianco e rosso (colori che stilizzano le carni femminili e maschili); lo sono parecchie statuette femminili marmoree rinvenute tra le rovine dell'edificio che è in forma di tronco di piramide terrazzata preceduta da una rampa sulla fronte.”

 

Quello che rimane, di certo, è il colosso di pietra che, nel silenzio e nelle pieghe del tempo, testimonia un'epoca lontana, in cui l'essere umano era unito da un unico comune denominatore: il tempo degli Dei.

 

Grazie

 

Monica

Fonti:

 

 

I Filistei di Giovanni Garbini: https://www.ibs.it/filistei-antagonisti-di-israele-libro-giovanni-garbini/e/9788839408389

 

Il sistema linguistico della civiltà nuragica di Raffaele Sardella: https://www.librisardi.it/prodotto/il-sistema-linguistico-della-civilta-nuragica/

 

Sardegna e Mediterrraneo negli scritti di Giovanni Lilliu: https://www.sardegnadigitallibrary.it/mmt/fullsize/2009022319503100007.pdf

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