“Un giorno il Grande Padre ascoltando i suoni che venivano dalla bocca delle bestie che vivevano con lui, pensò di ripeterli e, ripeti ripeti, piano piano costruì la parola, la prima parola uscita dalla bocca dell'uomo: iò... iò... iò... che è il grido di un piccolo volatile, quando in amore chiama la femmina”
Questo scrive Demuro, interrogato uno degli ultimi Babbai Mannu (letteralmente Padre Grande) dell'Ogliastra. La prima lingua dei sardi, all'epoca de sa nuraxia, corrisponde all'imitazione dei versi degli animali. Continua il Babbai Mannu “Con tre bestie di casa, sette animali domati, tredici uccelli dell'aria e diciassette vermi della terra, l'uomo ha imparato a parlare”.
Vorrei, prima di proseguire, fare una precisazione sul termine “bestia” utilizzato nella frase. Non ho alcun dubbio non sia stato utilizzato nella sua accezione dispregiativa ma nella sua natura etimologica. Bestie, infatti, erano considerati tutti gli animali che vivevano allo stato selvatico, cioè che non erano stati addomesticati dall'uomo. La distinzione è evidente nella seconda frase in cui vengono separate le “bestie di casa” dagli “animali domati”.
Il significato dei numeri 3 – 7 – 13 – 17 viene attribuito alle lettere utilizzate nella lingua:
3 “tonus” stellari: “dd” - “js” - “tz”
7 vocali: a, o, ò, u, ì, y, e
13 suoni segreti, intraducibili, che denotavano il ritmo in cui dovevano essere pronunciate le lettere e
17 consonanti: b, c, d, f, g, k, l, m, n, p, q, r, s, t, v, z, x.
Nella forma scritta, ad ogni lettera corrispondevano una o più linee, verticali od oblique, poste sopra o sotto una linea orizzontale che contrassegnava il tempo.
Se le linee verticali od oblique si trovavano sopra la linea orizzontale, quello che era scritto apparteneva a questa realtà; se, al contrario, era scritto sotto la linea orizzontale, apparteneva alla realtà altra, oggi chiamata aldilà. Nel caso in cui le linee veerticali intersecavano la linea orizzontale, allora ciò che era scritto apparteneva ad entrambe le realtà.
E, ancora, se la linea verticale era obliqua verso destra indicava una invocazione per ricevere un bene terreno; se pendeva verso sinistra era un'invocazione riguardante extraterrestri o beni di questa realtà.
“L'uso di questa grafia antica […] poteva essere anche mimata con le mani. Questo modo di mimare con le dita le lettere dell'alfabeto […] veniva detto “suspu mundu”, che era il gergo segreto soprattutto all'epoca delle guerriglianti cartaginese, romana e cristiana. […] Nell'era nuragica […] era usato di notte sui nuraghi o nei punti cosmici, per comunicare con gli extraterrestri, perché esisteva la credenza che la movenza di quelle dita che tracciavano le lettere della grafia de brebus nell'aria, riuscisse ad evocare delle “vibrazioni ritmiche” in corrispondenza di quelle stellari.”
Così descrive l'utilizzo de sa limba de sa nuraxia Demuro nel VI volume de I Racconti della nuragheologia.
Non posso fare a meno di associare questo modo di comunicare con un'altra antica forma di comunicazione che avveniva presso le lande druidiche: l'alfabeto Ogham.
Si tratta di un alfabeto del tutto simile a quello utilizzato nell'epoca nuragica che viene fatto risalire al IV – V sec. ma che, molto probabilmente, come avveniva anche nella precedente epoca nuragica (ca. 2000 – 700 a.C.), comprendeva testimonianze scritte su materiali deteriorabili, all'inizio. La nuragheologia, infatti, ci racconta di comunicazioni scritte su rami di legno di oleandro o pani di cera, di cui ovviamente non si trovano tracce. Ciò che l'archeologia ha potuto dissotterrare sono le incisioni sulla pietra, probabilmente coincidenti con le ultime fasi di utilizzo di questo tipo di scrittura.
L'Ogham pare sia stato insegnato nelle lande irlandesi da una divinità chiamata Ogma, Ogmius, Ogmios o Ognios che era figlio della dea Brigit nella mitologia scandinava e, secondo Luciano di Samosata (ca 200 a.C.), corrispondeva al nome celtico di Eracle.
Il contatto con il mitico eroe è documentato anche in terra sarda. Secondo Sallustio (I sec. a. C.) Sardus, generato da Ercole, insieme ad una grande moltitudine di uomini partito dalla Libye occupò la Sardegna e dal suo nome denominò l'isola.
E Pausania (II sec.), in “descrizione della Grecia”, conferma Sallustio aggiungendo che la convivenza con il popolo autoctono dell'Ichnusa fu pacifica.
La mia personale ipotesi è che Eracle – Melkart e/o suo figlio trovarono già la forma alfabetica nell'isola e, probabilmente, ne esportarono l'utilizzo nelle lande irlandesi.
Ad ogni modo, ciò che è interessante per questa trattazione, è che sia i primi nuragici che i druidi, ad utilizzare questa forma alfabetica, erano possessori di poteri oggi definiti sciamanici.
Della stessa epoca sono anche gli interessanti petroglifi scoperti in diverse grotte dal nord al sud della Sardegna. Immagini perlopiù antropomorfe e stilizzate con le braccia rivolte verso l'alto o con la figura completamente capovolta.
L'archeologia ufficiale interpreta questo segno come l'ultimo viaggio nell'aldilà e, in un certo senso, è anche ciò che racconta la nuragheologia anche se con una sostanziale differenza: il viaggio non è l'estremo della vita ma un viaggio sciamanico in una dimensione extraterrestre.
Così vengono spiegati i pteroglifi dai babbai mannu intervistati dal Demuro:
I nuragici utilizzavano questi simboli, incisi nelle pareti delle grotte, quando dovevano lasciare una comunicazione importante ai posteri e solo i Babbai Mannu utilizzavano questo tipo di alfabeto.
Per verificare se esisteva una comparazione con altri petroglifi, provenienti dai luoghi in cui lo sciamanesimo si è sviluppato, pare, fin dagli albori dell'umanità, ho cercato in rete delle possibili conferme e trovato interessanti parallelismi con alcuni petroglifi rinvenuti in Russia ed in Mongolia.
La somiglianza davvero impressionante con i petroglifi delle grotte di Sardegna, mi ha fornito un ulteriore punto di incontro tra queste culture tanto lontane nello spazio eppure così simili. Sono rimasta talmente entusiasta da cominciare una ricerca approfondita sugli usi e costumi di entrambi i luoghi per verificare se si fosse trattato solo di un caso o ci fosse stata, nel passato, la possibilità di un incontro e uno scambio tra culture.
E di parallelismi, soprattutto con l'antica cultura della Mongolia ne ho trovati di molto interessanti. Ne tratterò nel corso del libro.
Tornando al linguaggio, ci è noto che in ogni cultura sciamanica vi è un linguaggio segreto che viene insegnato al neofita durante la prima iniziazione e corrisponde alle origini della lingua nuragica raccontate dal Demuro. Il linguaggio segreto degli sciamani, infatti, deriva dall'imitazione dei versi degli animali in particolare quelli degli uccelli.
“Gli uccelli sono psicopompi. Il divenire uccello o l’essere accompagnati da un uccello esprime la capacità di intraprendere già da vivi il viaggio estatico nel cielo e nell’aldilà.
Imitare la voce degli uccelli, usare questo linguaggio segreto durante la seduta è un nuovo segno del fatto che lo sciamano può circolare liberamente nelle tre zone cosmiche: inferno, terra e cielo, vale a dire che egli può penetrare impunemente là dove soltanto i morti o gli dèi hanno accesso”
Così descrive, Mircea Eliade ne “Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi” il passaggio fondamentale per uno sciamano che è quello di imparare la lingua segreta ed ottenere, in tal modo, la possibilità di accedere al viaggio estatico. E' interessante notare che una delle capacità sciamaniche consiste nel canto. Il ritmo e la cadenza del linguaggio sono fondamentali per la connessione essendo, il suono, una forma di onda elettromagnetica che deve essere modulata per entrare in risonanza con altre dimensioni. Un esempio tuttora visibile di questi canti ritmati è il canto difonico, in cui le corde vocali producono, nello stesso momento, vibrazioni tali da divenire due voci. La Mongolia e la Sardegna condividono questa modalità canora e il canto a Tenores sardo è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità.
Sarebbe davvero un patrimonio importante se si studiasse in base alla branca della scienza (inserita purtroppo nelle pseudoscienze) denominata cimatica che studia le forme assunte dalla materia secondo le variazioni di frequenza.
Si potrebbe comprendere, in tal modo, forse, la conoscenza perduta dei nostri antenati.
Grazie
Monica
Fonti:
1. Raimondo Demuro - I racconti della nuragheologia Vol. VI
Immagini:
1. Petroglifi domus de jana Oniferi
2. Petroglifo rinvenuto in Siberia
3. Petroglifo rinvenuto nella zona dei Monti Altaj - Mongolia